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Comunicare progetti piccoli con dignità e impatto
Autore: MOOV Comunicazione lunedì 21 luglio 2025

Non servono grandi numeri per raccontare un buon progetto. Serve una buona strategia.
In comunicazione, spesso ci si fa piccoli da soli. Accade quando un progetto locale, circoscritto o con budget ridotto viene raccontato con esitazione, come se non fosse “abbastanza”. “Non abbiamo grandi numeri”, “è un progetto piccolo”, “non so quanto valga la pena comunicarlo”.
Eppure, ogni progetto che migliora la vita anche solo di poche persone ha un valore. Il problema non è nella portata, ma nella narrazione. Se si parte dal presupposto che “non è rilevante”, il rischio è quello di auto-marginalizzarsi e rinunciare a un’opportunità comunicativa.
3 narrazioni alternative al “grande impatto”
Non tutti i progetti generano numeri alti, ma tutti possono generare valore percepito. Basta cambiare lente narrativa.
1. L’impatto trasformativo individuale. Anziché misurare il valore solo in termini quantitativi (“quante persone hanno partecipato”), si può raccontare come è cambiata la vita anche solo di una persona. Un laboratorio che ha aiutato una madre a trovare lavoro, una micro-biblioteca che ha creato relazioni in un quartiere fragile: sono storie potenti, perché autentiche e memorabili.
2. L’effetto prototipo. Un progetto può avere un impatto ridotto, ma funzionare come modello replicabile. Valorizzarlo come “prova di fattibilità”, come format testato su piccola scala ma con potenziale di espansione, dà dignità all’esperienza e invita altre realtà a ispirarsi. Questo approccio è molto apprezzato da enti pubblici, fondazioni, imprese con CSR.
3. La rilevanza contestuale. Un’iniziativa può essere piccola a livello assoluto, ma grande a livello locale o simbolico. Ad esempio, un progetto culturale che riattiva un luogo abbandonato può non raggiungere grandi masse, ma ridare identità a una comunità. Comunicarlo bene significa valorizzare il contesto: ciò che per molti è “poco”, in quel territorio è tantissimo.
Micro-dati, testimonianze, contesto: la triade della narrazione efficace
Quando i numeri non bastano, servono altri strumenti narrativi:
• Micro-dati. Usare anche dati piccoli, ma significativi: “8 donne su 10 hanno completato il percorso”, “il 100% degli studenti ha riportato miglioramento nel clima classe”. Non servono numeri gonfiati: serve saperli leggere.
• Testimonianze dirette. Una citazione ben raccolta può valere più di un report. Dare spazio alle voci dei beneficiari o degli operatori restituisce verità e coinvolgimento.
• Contesto. Inserire il progetto nel suo ecosistema. Dire dove è nato, da quale esigenza, in risposta a quale vuoto. Il progetto non esiste nel vuoto: esiste in un tessuto, ed è lì che mostra la sua forza.
Mini-case e format replicabili
Ecco alcuni format comunicativi semplici ma efficaci per valorizzare anche progetti piccoli:
• “Una storia, un impatto”. Raccontare un volto, un caso, un prima/dopo concreto.
• “Tre cose che abbiamo imparato”. Usare il progetto come spunto di riflessione condivisa (utile anche per fondazioni e PA).
• “Lo rifaremo perché…”. Una breve pillola con ciò che ha funzionato e può essere replicato altrove.
• “Cosa succede quando…”. Introdurre il racconto con una domanda trasformativa e guidare il lettore nell’esperienza.
• Infografica narrativa. Anche con 3 numeri si può creare una visualizzazione d’impatto: meglio pochi dati ben raccontati che tanti inutili.
Un progetto non è “piccolo” se ha migliorato anche solo una vita. È compito della comunicazione rendergli giustizia. MOOV aiuta enti e realtà locali a trovare la voce giusta per farlo.